lunedì 15 febbraio 2016

Il successo

Ieri, durante la predica del Pastore in chiesa, è sorta nella mia testa una domanda: "Successo vuol dire felicità?". La predica non era inerente all'argomento ma, si sa, spesso gli spunti di riflessione giungono da situazioni non necessariamente correlate.
La risposta non è facile, in fondo tutti sognano una vita di successo e questo pensiero pare generare un senso di benessere generale, che sicuramente può rientrare nella felicità. E sì, non c'è nulla di male a volere successo nelle cose che si fanno, il fallimento non è mai piaciuto a nessuno!

Quello che mi chiedo sul serio è se chi ha successo nella vita è sempre felice. Ovviamente la risposta non può che essere negativa. Ci sono un'infinità di persone di grande successo che vivono vite infelici e questo è un dato di fatto!

Io credo sia possibile fare del successo motivo di felicità solo nel caso in cui si riesca a viverlo come la realizzazione di qualcosa in continuo divenire che è fatto di creatività che si rinnova. 
E soprattutto, successo è felicità solo nel momento in cui lo si percepisce con senso di gratitudine e umiltà. Non è sottovalutazione delle proprie capacità, ma continua voglia di crescere, intellettualmente, emotivamente e spiritualmente
La vita è entusiasmante perché piena di fermento e i traguardi sono sempre temporanei, seppur possano restare nell'esistenza di un essere umano come punti fermi, come luoghi sicuri, posti confortevoli.

I bambini sono un ottimo esempio di come il successo possa generare felicità, ma nello stesso tempo riesca a farlo solo nel caso in cui sviluppi un senso di gratitudine e sia in grado di segnare le basi per ulteriore crescita e ulteriori successi. Quando un bimbo si impegna nel fare qualcosa, ogni insuccesso, se pur vissuto con un pochino di frustrazione, non è motivo di "arrendimento", ma sprono a nuovi tentativi. Allo stesso modo la gioia del successo in un nuovo traguardo, è un semplice incentivo a cercare nuove sfide, che abbiamo come base gli apprendimenti raggiunti.
Ciò non vuol dire che per essere felici sia necessario essere dei gabbiani Jonathan Livingstone, perfezionisti che mirano sempre più in alto e non si accontentano mai di dove sono (che poi, se ben guardiamo, il gabbiano Livingstone godeva appieno dei suoi voli) Anzi! È importante ridere dei propri traguardi, gioire delle proprie scoperte! Ma la chiave sta proprio qui, nel seguire una visione di vita e raggiungerla, nel creare in essa nuove esperienze di crescita, nell'accogliere le esperienze e costruire da esse sguardi creativi verso la vita e le cose!

Ben lungi dall'essere un atteggiamento volto all'inseguimento continuo dell'adrenalina scatenata dal raggiungimento di singoli traguardi (con l'approvazione altrui come cartina tornasole), questo modo di vivere altro non è che gioia di fare, di darsi, di dialogare, di mettere in atto i propri talenti
Il successo non è che la conseguenza, non il fine!

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