lunedì 22 febbraio 2016

"Vai a sederti a pensare!"

E' qualche giorno che mi frulla per la testa un interrogativo molto specifico di carattere pedagogico.
In realtà avevo già scritto un articolo su Google+ all'interno del quale trovava spazio anche questa riflessione (eccolo), solo che poi mi sono di nuovo capitati discorsi in merito ed ora non posso fare a meno di dire la mia. Sì, perché, mi conoscerete, io sono fatta così: devo sempre dire la mia. E, non sto mentendo, ho aspettato qualche giorno. A dire il vero quello che voglio fare è sollevare una riflessione, più che esprimere un parere. 

Bene, veniamo alla domanda. Ha senso dire ad un bambino piccolo, quando fa qualcosa che non va: "Vai a sederti a pensare"?. Con questa domanda cosa stiamo chiedendo di fare ad un bimbo di due, tre, quattro anni? Quali sono i presupposti di una soluzione educativa di questo tipo?
Risolvere un conflitto educativo così, significa partire dall'idea che un bimbo piccolo, in età prescolare, attui i suoi comportamenti in base ad un radicato schema morale fatto di "giusto e sbagliato", "buono e cattivo", partendo da una chiara consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni sugli altri. Di più: stiamo dicendo che un piccino sia poi in grado di rielaborare in base a questi schemi i suoi comportamenti sbagliati per non riattuarli nel futuro. Ciò è chiaramente esempio del fatto che stiamo credendo che, prima di agire, un bambino rifletta su tutti questi elementi (su cosa sai giusto o meno e su cosa sia buono o meno) e scelga di compiere delle azioni specifiche per creare delle reazioni altrettanto specifiche negli altri in base a questi parametri. In realtà lo schema di azione-reazione è facilissimo da instaurare, è istintivo e diciamo primordiale, però qui non ci stiamo limitando a parlare solo di questo, ma di qualcosa di più profondo che sta radicato nel pensiero.

Quello che ora io mi chiedo è se questi schemi di pensiero non vengano indotti precocemente nel bimbo. Se ci riflettiamo (e qui esprimo un parere, ma mi piacerebbe sentire quello di altri), quando diciamo ad un bimbo piccolo: "Vai a sederti a pensare", gli stiamo implicitamente dicendo: "Vai a sederti a pensare a come sei stato cattivo". Okay, è vero che forse non vogliamo intendere quello, forse ci riferiamo solo ad una riflessione sulle conseguenze del suo comportamento, ma un bimbo come interpreterà davvero questa parola... "pensare"? Un piccolino di tre, quattro anni, sa davvero il senso del termine "pensare"? Non sto dicendo che la testa di un bambino sia vuota, anzi, credo che sia molto ricca, e di mille sfumature meravigliose, ma questo significa che un bimbo sia in grado di razionalizzare la capacità di pensare? Non è che forse un piccino interpreterà tutto questo come: "La maestra (o la mamma) si è arrabbiata, ho fatto una cosa che l'ha fatta arrabbiare, ora mi devo sedere ed essere (o sembrare) triste per riparare"? A questo poi, creato il meccanismo, si aggiungerà: "Son stato cattivo" o, peggio, "Sono cattivo". Ma siamo sicuri che non siamo stati noi a introdurre questa visione della vita basata sul senso di colpa?

Parliamoci chiaro: non sto dicendo che un essere umano non debba avere chiare le polarità di "giusto-sbagliato", "morale-amorale", ma come possiamo pretendere che queste vengano imparate in età precoce, senza che si crei uno schema mentale basato sulla colpa?  
Non sto nemmeno dicendo che un bambino non debba scoprire che i suoi comportamenti hanno delle conseguenze, ma come possiamo pensare che a tre anni un bambino svolga delle azioni per fare deliberatamente del male agli altri e magari un male a lungo termine? 

Dovremmo riflettere su due cose, prima di partire da presupposti del genere. 
Una riguarda il fatto che i bambini sono principalmente imitatori. Se vediamo che un comportamento negativo si ripete, dovremmo domandarci se per caso il bimbo in questione non l'abbia visto da qualche parte, anche sotto forme diverse (non avete notato che da quando esiste Peppa Pig tutti i bambini non fanno che saltare nelle pozzanghere? Il che non è poi male...). 
In secondo luogo, non finirò mai di credere nel fatto che i bambini siano spugne di atmosfere emotive e spirituali e che quindi molto di ciò che fanno sia intriso delle sensazioni che essi percepiscono senza che nessuno se ne renda conto. Ordunque, quale clima respirano i nostri bambini? Che gesti (singoli gesti) stiamo portando loro incontro? Cosa stiamo chiedendo a questi bambini? Di esplorare il mondo e di farlo con tutto il corpo, la mente, lo spirito, le emozioni o di crescere in fretta ed imparare che certe cose sono brutte e altre belle e che saremo giudicati in base a questi parametri?
La religione ci ha portato una visione del mondo di questi tipo, ma Dio, nella figura di Suo Figlio Gesù Cristo ci ha mostrato la grazia e la possibilità di essere amati in modo profondo per ciò che siamo. Ogni comportamento ha una conseguenza, ma è il nostro cuore che va coltivato! Non possiamo portare un bambino a non attuare certi comportamenti perché "altrimenti la maestra o peggio la mamma e il papà diranno che sono cattivo". Questo, nel tempo, si tradurrà nella convinzione di essere cattivo ("La mamma, il papà, la maestra hanno sempre ragione, perché mi fido di loro") e che gli altri vadano giudicati di conseguenza. 
Dobbiamo invece far respirare e mangiare e vivere ai bambini cose belle affinché imparino ad amarle davvero (e dobbiamo prima amarle noi stessi!) e imparino, dal profondo del proprio cuore, ad odiare quelle brutte . 
Ciò non vuol dire che in alcuni casi non serva contenere fisicamente (e qui intendo in termini di spazio, non di reazioni fisiche, ovviamente) un comportamento negativo. Far sedere un bambino agitato, che magari sta creando fastidi o arrecando danno a qualcosa o qualcuno, può avere assolutamente senso, perché significa delimitare il suo spazio temporaneo e rompere un meccanismo che si è andato a creare in quel momento. Ma è importante riflettere su come lo stiamo facendo e soprattutto considerare come spesso sia più facile dire ad un bimbo: "Vai a pensare", piuttosto che ragionare quotidianamente su quale atmosfera, clima, realtà spirituale stiamo noi stessi facendo respirare a quel bimbo. Questo significherebbe metterci in gioco in prima persona e coltivare la nostra interiorità molto più di quello che magari vorremmo fare.
Costa fatica, ma se ho detto qualcosa di sensato, il risultato sarà qualcosa di buono per noi e per i bambini che la Vita ci ha affidato.


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