Torno dopo un pochino di silenzio. Perché non mi piace scrivere post tanto per fare; tengo molto a questo blog e al suo senso, perciò attendo sempre di avere qualcosa che ritengo importante da dire sulla felicità o sulla pedagogia (o entrambe le cose), prima di mettermi a scrivere. Ad ogni modo, se volete sentire cosa ho da blaterare il merito alla vita in generale, potete trovarmi qui (lo ammetto questa è un po' pubblicità di me per me stessa, ma me la concedete?).
Tornando a noi, oggi ho qualcosina da raccontare, perciò eccomi qui.
Il progetto educativo della domenica mattina per i bambini della nostra associazione è iniziato da settimana scorsa e oggi ho riflettuto su alcune cose che i piccoli mi hanno portato incontro.
Non finirò mai di dirlo, bambini e bambine hanno bisogno di un clima di calma e ritmo. Nella frenesia l'amore si disperde e noi adulti non riusciamo ad ascoltare. Nel trambusto i piccini ci chiedono sempre più attenzioni, tanto che noi spesso ci sentiamo soffocare. Più abbiamo da fare, più loro richiamano il nostro sguardo, in tutti i modi possibili. Sembra non siano in grado di fare da soli, qualsiasi occasione è buona per farci intromettere, anche solo un litigio per l'accaparrarsi di un pezzo di Lego, nonostante sul pavimento ce ne siano centinaia. Eppure i bambini sanno eccellere nella condivisione!
Bambini e bambine, ragazzi e ragazze di oggi spesso non sanno aspettare. Non sanno annoiarsi. Vogliono essere sempre occupati e forse è quello che vogliamo anche noi, perché in questo modo sappiamo che stanno facendo qualcosa e quindi possiamo per un attimo staccar loro gli occhi di dosso.
L'attesa, però, è un aspetto fondamentale della vita, fa parte dell'esistenza ed è da essa che si sviluppano le maggiori bellezze. Pensiamo ai semi che diventano piante (e per un po' non ci mostrano nulla), pensiamo al tramonto, che arriva una sola volta al giorno (non possiamo averlo sempre), pensiamo alla vita umana, che giunge nel mondo dopo nove mesi in cui è rimasta nascosta nel grembo materno.
Eppure mi accorgo che, quando i bimbi riescono ad avere fiducia e a smettere così di chiedere: "Cosa facciamo dopo?", quando iniziano ad attendere il proprio turno per essere ascoltati, l'armonia apre la strada alla condivisione e l'amore si fa reale. E allora un cavallo può diventare blu e trasformarsi in un unicorno.
"Ma esistono gli unicorni?"
"Non so potrebbero."
"Io quando ero più piccola credevo a Babbo Natale, alla Befana, alla magia, alla fatina dei denti. Insomma credevo a tutto. Adesso invece sono sempre mamma e papà che portano le cose."
"Chissà magari la fatina esiste, quando io ero bambina arrivava il topolino dei denti".
"Sì, come le sirene, è un mistero. Comunque ci sono delle cose in cui crederò sempre: la magia, le sirene e gli unicorni".
La conclusione del più piccino? "I cavalli blu, sì, esistono. Blu e rosso."
Lasciamo che i nostri bambini sognino e credano nell'impossibile. Lasciamo che siano questi sogni a permettere loro di attirare la nostra attenzione. Questo è il preludio dell'eternità. Perché solo nell'eternità scopriremo tutti i misteri che non ci è dato di sapere ora. Crederci vuol dire gustare un po' di eternità sulla Terra. Vuol dire essere più vicini a Dio.