domenica 29 maggio 2016

La calma, l'attesa, il mistero, l'impossibile

Torno dopo un pochino di silenzio. Perché non mi piace scrivere post tanto per fare; tengo molto a questo blog e al suo senso, perciò attendo sempre di avere qualcosa che ritengo importante da dire sulla felicità o sulla pedagogia (o entrambe le cose), prima di mettermi a scrivere. Ad ogni modo, se volete sentire cosa ho da blaterare il merito alla vita in generale, potete trovarmi qui (lo ammetto questa è un po' pubblicità di me per me stessa, ma me la concedete?).
Tornando a noi, oggi ho qualcosina da raccontare, perciò eccomi qui.
Il progetto educativo della domenica mattina per i bambini della nostra associazione è iniziato da settimana scorsa e oggi ho riflettuto su alcune cose che i piccoli mi hanno portato incontro.



Non finirò mai di dirlo, bambini e bambine hanno bisogno di un clima di calma e ritmo. Nella frenesia l'amore si disperde e noi adulti non riusciamo ad ascoltare. Nel trambusto i piccini ci chiedono sempre più attenzioni, tanto che noi spesso ci sentiamo soffocare. Più abbiamo da fare, più loro richiamano il nostro sguardo, in tutti i modi possibili. Sembra non siano in grado di fare da soli, qualsiasi occasione è buona per farci intromettere, anche solo un litigio per l'accaparrarsi di un pezzo di Lego, nonostante sul pavimento ce ne siano centinaia. Eppure i bambini sanno eccellere nella condivisione!

Bambini e bambine, ragazzi e ragazze di oggi spesso non sanno aspettare. Non sanno annoiarsi. Vogliono essere sempre occupati e forse è quello che vogliamo anche noi, perché in questo modo sappiamo che stanno facendo qualcosa e quindi possiamo per un attimo staccar loro gli occhi di dosso. 
L'attesa, però, è un aspetto fondamentale della vita, fa parte dell'esistenza ed è da essa che si sviluppano le maggiori bellezze. Pensiamo ai semi che diventano piante (e per un po' non ci mostrano nulla), pensiamo al tramonto, che arriva una sola volta al giorno (non possiamo averlo sempre), pensiamo alla vita umana, che giunge nel mondo dopo nove mesi in cui è rimasta nascosta nel grembo materno.
Eppure mi accorgo che, quando i bimbi riescono ad avere fiducia e a smettere così di chiedere: "Cosa facciamo dopo?", quando iniziano ad attendere il proprio turno per essere ascoltati, l'armonia apre la strada alla condivisione e l'amore si fa reale. E allora un cavallo può diventare blu e trasformarsi in un unicorno. 
"Ma esistono gli unicorni?"
"Non so potrebbero."
"Io quando ero più piccola credevo a Babbo Natale, alla Befana, alla magia, alla fatina dei denti. Insomma credevo a tutto. Adesso invece sono sempre mamma e papà che portano le cose."
"Chissà magari la fatina esiste, quando io ero bambina arrivava il topolino dei denti".
"Sì, come le sirene, è un mistero. Comunque ci sono delle cose in cui crederò sempre: la magia, le sirene e gli unicorni".
La conclusione del più piccino? "I cavalli blu, sì, esistono. Blu e rosso."


Lasciamo che i nostri bambini sognino e credano nell'impossibile. Lasciamo che siano questi sogni a permettere loro di attirare la nostra attenzione. Questo è il preludio dell'eternità. Perché solo nell'eternità scopriremo tutti i misteri che non ci è dato di sapere ora. Crederci vuol dire gustare un po' di eternità sulla Terra. Vuol dire essere più vicini a Dio.

giovedì 5 maggio 2016

Bambini altamente sensibili

Martedì sera abbiamo parlato della parola, del linguaggio, io, genitori presenti e futuri, nonni.
Dalle domande di una mamma, perplessa in merito ad alcuni comportamenti del figlio di tre anni e mezzo, ci siamo trovati a parlare di bambini altamente sensibili
In realtà solo una persona altamente sensibile può capire davvero cosa significhi rientrare in questa categoria. Fondamentalmente tutto è amplificato all'ennesima potenza. Anche le emozioni, non solo ciò che si percepisce con i cinque sensi. Questo significa che un bimbo o una bimba ipersensibile può arrivare a non tollerare nemmeno un paio di jeans o l'etichetta di una maglietta. E che può piangere per giorni a causa di una parola detta dalla mamma o dalla maestra più bruscamente del solito. I bimbi e le bimbe altamente sensibili sembrano spesso capricciosi, quando cominciano a crescere arrivano spesso ad urlare ai propri genitori "Voi non mi capite! Nessuno mi capisce!", pur quanto loro li amino profondamente. Non vogliono fare cose che per i coetanei sono normali, hanno paure spesso incomprensibili, come per esempio possono odiare le feste di compleanno affollate, le maschere di carnevale (perché sussultano con grandissima facilità e ciò crea in loro molta ansia) o semplicemente guardare alcuni programmi televisivi per l'infanzia (più o meno per lo stesso motivo).

Vi racconto tutto questo perché io sono stata una bambina altamente sensibile e sono tuttora una persona altamente sensibile (non è una malattia, per cui non si guarisce, è semplicemente un modo di essere). Il problema di questi bimbi è che non sanno di essere tali e, trovandosi spesso in difficoltà nel farsi capire dagli adulti e nell'essere accettati dai coetanei a causa di comportamenti considerati lagnosi o troppo introversi o eccessivi, cominciano a sentirsi diversi, sbagliati. E più si sentono così, meno sono in grado di manifestare coerentemente il proprio disagio. Non sanno spiegarsi perché le cose vadano così. Pensano di essere nati "storti" e che nessuno riuscirà mai a capirli. E difatti nessuno li capisce, di solito. Spesso non si tratta di una colpa, ma del semplice fatto che cose del tutto normali possono ferire un ipersensibile.
Io, purtroppo, sono giunta all'età di trentuno anni a scoprire di essere una PAS (per approfondimenti clicca qui), perciò ho capito tardi di non essere l'unica e di non dover gestire un'anomalia strutturale, ma semplicemente di dover diventare consapevole di una realtà. Non che ormai ne avessi bisogno, quasi mi cominciava a piacere l'idea di essere anomala, ma sicuramente il fatto di poter spiegare alcune cose mi è stato di grande aiuto (ci sto scrivendo un libro, anche se per ora ho il blocco dello scrittore, perciò non so quando riuscirò a pubblicarlo). 

In merito a questo, ieri ho ricevuto il messaggio di una mamma il cui figlio era presente all'incontro di confronto di martedì, che mi ha raccontato quanto quest'ultimo fosse uscito elettrizzato dalla serata, perché finalmente poteva dare delle giustificazioni alle sue emozioni e raccontare di quella volta che era successo quello o quell'altro analizzando tutto in una nuova chiave. Adesso sapeva di non essere diverso! Adesso, insieme ai genitori, poteva dare un senso ai suoi comportamenti e sistemare alcune incomprensioni che nel corso del tempo erano rimaste sospese, creando disagio e perplessità! Adesso poteva a diritto non indossare i jeans e avere paura dei palloncini, poteva dare una spiegazione al fatto che quel giorno aveva detto: "Voi non mi tenete in considerazione!" e comprendere come mai la professoressa di geografia proprio non ce la fa a capirlo.
Bambini e ragazzi così hanno bisogno di essere riconosciuti, in qualche modo ne hanno bisogno più di altri. Bambini (e ovviamente bambine) così hanno la necessità di una scuola diversa, di genitori consapevoli del loro bisogno, che prendano in mano le redini della loro istruzione affinché essi possano sentirsi capiti e in diritto di tirare fuori le proprie passioni, i talenti, la creatività come bellezze e unicità che non sono sbagliate, ma ricche di significato. Hanno la necessità di piangere e ridere, di piangere e ridere a volte più degli altri, di recitare o di scrivere, di costruire o raccontare. Hanno bisogno di raccontarsi e di sentirsi amati. Di essere amati anche quando, per una parola di troppo, non sono in grado di trattenere le lacrime o, per un rumore troppo forte, si vanno a nascondere. Hanno bisogno di mettere in campo la propria empatia verso gli esseri viventi altri da loro e di viverla fino in fondo. A costo di soffrire.


mercoledì 4 maggio 2016

La forza creatrice della parola

Un giorno di tantissimi anni fa, credo nel lontano 1995, arrivò nella nostra scuola Roberto Piumini, per me, personalmente, una sorta di essere mitologico nascosto sotto sembianze umane.
Con sguardo incantato e trepidante interesse rimasi ad ascoltare i suoi racconti e partecipai al suo laboratorio di scrittura creativa. Credo che proprio in quell'occasione rimasi colpita e meravigliata dalla tecnica del "cut-up" (potete approfondire qui). Rimasi per giorni a ricopiare poesie, pescarne pezzi e ricomporre nuovi versi. La straordinarietà del tutto stava nel senso che ogni volta, anche pescando e componendo a caso, i nuovi testi riuscivano ad acquisire, pur spesso senza nessi logici espliciti o congiunzioni o soggetti e verbi coniugati.

Il potere creativo della parola. Probabilmente nessuno ci avrebbe creduto, ieri, presso la nostra associazione, se non avesse provato con mano. Ho voluto tentare l'esperimento: non mi piaceva l'idea di parlare semplicemente della capacità di creare insita nella parola, quindi ho voluto dimostrarne la forza nella sua concretezza. Così, dopo aver ragionato un po' sulla potenza di ciò che si dice, sul valore caratterizzante del nome proprio e l'importanza dell'attenzione al linguaggio che viene rivolto a bambini e bambine, ho letto alcune poesie scelte di autori vari (ovviamente una di Piumini), poi ho fatto girare un cestino contenente le stesse poesie tagliate in versi. Ciascuno, a turno, ha pescato versi a caso fino a che, dopo alcuni giri di mano in mano, il cesto non  è stato vuotato. Con i bigliettini pescati, ognuno ha composto una nuova poesia. Certi hanno scelto di incollare i versi nella sequenza casuale con cui li avevano pescati, altri, restii a rimanere in balia della totale casualità, hanno composto il testo con una propria logica, ovviamente mantenendo i versi intatti, come da mia indicazione.
Vi direte: e quindi? Ebbene, la commozione (di alcuni anche esplicitata) è stata quella di leggere ad alta voce la propria composizione e trovarla in perfetta sintonia con se stesso o con un periodo della propria vita. Io personalmente ho trattenuto qualche lacrima, ma, si sa, sono ipersensibile e piango facilmente!
Ad ogni modo nessuno di noi credeva nel caso e tanto meno ci crede ora, dopo aver toccato con mano la forza creatrice che vi è nel linguaggio ed in particolare nella parola! Posso assicurarvi che la scelta delle poesie era stata casuale, non legata ad un filo conduttore unico, ho scelto solo alcuni argomenti quali Dio, l'amore, la vita, la poesia, la morte, l'acqua, ma in maniera molto generica e senza confronto tra un testo e l'altro.



Vi sfido a provarci e poi a tornare qui, così, per confrontarci su questo strepitoso e misterioso argomento quale la potenza della parola. 

Intanto vi lascio con una riflessione, che dedico però soprattutto ai creazionisti: "Non è forse la creazione, l'espressione più gloriosa della forza della Parola?".